Diario da Gaza 104

“La responsabilità non è dell’occupante, ma dell’occupato”

Rami Abu Jamous scrive il suo diario per Orient XXI. Giornalista fondatore di GazaPress, un’agenzia di stampa che forniva aiuto e traduzioni ai giornalisti occidentali, Rami ha dovuto lasciare il suo appartamento a Gaza con la moglie e il figlio Walid di due anni e mezzo. Rifugiatisi a Rafah, la famiglia è stata poi costretta a un nuovo esilio prima a Deir al-Balah, poi a Nuseirat, bloccata come tante famiglie in questa enclave miserabile e sovraffollata. Un mese e mezzo dopo l’annuncio del cessate il fuoco, Rami è finalmente tornato a casa con la moglie, Walid e il figlio appena nato, Ramzi. Per il suo Diario da Gaza, Rami ha ricevuto tre importanti riconoscimenti al premio Bayeux per i corrispondenti di guerra. Questo spazio gli è dedicato dal 28 febbraio 2024.

Un uomo attraversa un paesaggio desolato, portando un oggetto pesante sulle spalle.
Un uomo cammina lungo una strada con un tronco d’albero. Israele ha intensificato il suo dispiegamento militare il 2 settembre, mentre i riservisti hanno iniziato a rispondere agli ordini di mobilitazione in vista di un’offensiva prevista su Gaza. Gaza City, 2 settembre 2025.
Eyad BABA/AFP

Giovedì 4 settembre 2025.

Qualche giorno fa, ho ricevuto una telefonata da un’amica che vive in Francia:


— Rami, a quanto pare, questa volta la situazione è grave. Gli israeliani occuperanno l’intera Striscia di Gaza e deporteranno tutta la popolazione. Il piano è già pronto e verrà realizzato. Non è meglio per te cercare di evacuare?
— Perché dovrei andarmene?
— Per mettere in salvo te e la tua famiglia, i tuoi figli. Per non essere massacrati.

Questo mi ha fatto pensare alla questione della responsabilità. A seconda della scelta che prenderò – o non prenderò – sarò responsabile di ciò che potrebbe accadere a me, o addirittura a tutti noi. Allo stesso modo, la decisione dei movimenti armati palestinesi sarà responsabile dei massacri commessi dagli israeliani. È un’idea tornata a galla di recente nei media occidentali. E non solo riguardo a ciò che sta accadendo oggi a Gaza: noi palestinesi saremmo responsabili di tutto ciò che abbiamo subito dalla partizione della Palestina, dal 1948, e anche prima!

In parole povere: tu vivi in una bella casa tranquilla, accogli tutti a casa tua e all’improvviso c’è chi ha deciso di promettere la tua casa a qualcun altro, perché la sua famiglia è stata massacrata in Europa.

Il proprietario di casa dice: “No, questa è casa mia. Se qualcuno vuole venire da me, lo accoglierò con grande piacere. Ma è casa mia. Non la lascio, non la condivido con nessun altro”. Ed ecco qui il grosso errore! Se il proprietario si rifiuta di condividere la sua casa, come deciso dall’Occidente, è responsabile di ciò che gli accadrà. Per costringerlo ad accettare, verranno commessi massacri, verranno uccisi quelli che abitano quella casa, per costringere i sopravvissuti a fuggire. Così, si arriva ad ottenere la metà della casa. Ma è il derubato ad essere responsabile, non chi ha promesso la sua casa al ladro. Il padrone di casa ha semplicemente fatto la scelta sbagliata.

Ma non basta la condivisione della casa. Il ladro ora vuole occuparla interamente. Se il proprietario vuole comunque rimanere in ciò che resta della sua casa, se immagina di poterla recuperare, dev’essere massacrato. E anche in questo caso, sarà lui il responsabile della propria morte.

A quanto pare, i palestinesi non avrebbero dovuto opporre resistenza

Gli israeliani sono riusciti a instillare questa idea nella mente degli occidentali, diffondendola talvolta con maggiore o minore onestà. Ma è un’idea che alberga anche in uomini e donne in buona fede, che desiderano sinceramente il nostro bene. Si dice che la storia sia sempre scritta dal più forte. E si continua a falsificarla in tempo reale. In oltre 77 anni di occupazione, e anche risalendo più indietro nel tempo, all’accordo di Sykes-Picot stipulato nel 1916 o alla dichiarazione Balfour del 1917, sono riusciti a “cuocere i pensieri” dell’Occidente, come si dice da noi, cioè a influenzare il loro modo di pensare.

Sotto il mandato britannico, l’errore dei palestinesi sarebbe stato quello di ribellarsi alla crescente influenza del sionismo e a rivendicare la loro indipendenza. Per evitare di accogliere gli ebrei perseguitati, l’Europa e gli Stati Uniti avevano detto: “Andate a cercarvi un altro posto dove stare”.

Ma i nostri avi e i nostri leader non lo hanno accettato. Sotto il mandato britannico, ci sono state diverse grandi rivolte. Vari gruppi armati hanno affrontato gli inglesi, poi le milizie ebraiche. Nel 1948, queste ultime hanno commesso decine di massacri di civili su larga scala, come quello di Deir Yassin. Gli israeliani hanno espulso 800.000 persone e distrutto centinaia di villaggi. Ma, a quanto pare, i palestinesi non avrebbero dovuto opporre resistenza. L’Occidente ha riconosciuto lo Stato di Israele, ma non quello di Palestina, anche qui per colpa dei palestinesi, per aver rifiutato la spartizione, anche se non era stato chiesto un loro parere. È questa la narrazione che ritroviamo ancora oggi in molti media, ripetuta incessantemente da gente disinformata.

Sono loro che riciclano sempre gli stessi argomenti: i leader palestinesi hanno preso la decisione sbagliata. È per questo che i palestinesi meritano il loro destino. La responsabilità non è dell’occupante né dei suoi sostenitori, ma dell’occupato. L’ho già detto, dobbiamo essere vittime gentili, vittime silenziose. Non dobbiamo opporre resistenza. E ora dobbiamo andarcene. Certo, il mondo comincia a fare qualcosa di fronte ai massacri, ai bombardamenti e alla fame. Lo stiamo vedendo. Tutti si augurano che la guerra finisca, ma allo stesso tempo la maggior parte dei paesi occidentali continua a sostenere Israele, dal punto di vista politico, militare e finanziario. Dal momento che i leader di Hamas hanno commesso l’errore del 7 ottobre, ne sono responsabili 2,3 milioni di persone che quindi meritano di essere uccise o deportate

Israele ha il diritto di espandersi

Secondo questa narrazione, l’occupante non è responsabile visto che Hamas è considerato un gruppo “terroristico” in tutto il mondo. È stato Israele a deciderlo. Yasser Arafat ha concluso un accordo di pace, ma ciò non ha impedito agli israeliani di ricominciare a chiamarlo “terrorista”.

Per Israele, tutte le fazioni che resistono alle armi con le armi sono terroriste. La vittima non deve muoversi, non deve nemmeno gridare il proprio dolore. Deve solo tacere e, soprattutto, non opporre resistenza. E a causa del 7 ottobre, bisogna espellere 2,3 milioni di persone.

So che la mia amica, quella che mi esorta ad andarmene, vuole il mio bene e quello della mia famiglia. Vuole evitarci la morte.

Ma quando mi sento dire “Rami, pensa alla tua famiglia”, è come se fossi io il responsabile nel caso in cui la mia famiglia venisse uccisa sotto le bombe, nei massacri, nelle atrocità israeliane che stiamo vivendo. Il responsabile non sarebbe l’assassino. Si dirà: “Dovevate andarvene”. Come se non fosse invece necessario fermare il genocidio, l’occupazione, liberare la Palestina. No, sarebbe solo: avete commesso un errore, dovete assumervene la responsabilità collettivamente. Se non lasciate Gaza, sarete massacrati e sarà colpa vostra. Pertanto, tutto ciò che accade e tutto ciò che potrà accadere alla mia famiglia sarà colpa mia. Non sarà colpa dell’occupante, non sarà colpa di chi premerà il grilletto o il pulsante. Non sarà colpa dei paesi occidentali che vendono a Israele le armi con le quali verremo uccisi. Secondo gli occidentali, Israele ha il diritto di difendersi. Non osano dire ciò che pensano veramente: che Israele ha il diritto di espandersi.

Non è certo una novità

Sono queste le riflessioni che mi ha ispirato la proposta iniziale di una cara amica a cui tengo molto. La capisco, e allo stesso tempo ho capito quanto l’Occidente sia arrivato a capovolgere i valori. Come si è arrivati ad ammettere che solo Israele ha il diritto di difendersi, non i palestinesi. Come può rubare tutto, la casa e il giardino. E se gli abitanti di quella casa fanno qualcosa contro i coloni, se cercano di dissuadere quel ladro, è normale che si abbandoni immediatamente a dei massacri. E quelli che lo hanno portato nella nostra casa e lo sostengono, sanno benissimo ciò che sta facendo, perché per loro è giustificato. Alla fine, la mia amica mi supplica di lasciare Gaza perché, se decido di restare e succede qualcosa alla mia famiglia, la responsabilità sarà mia. Tutto quello che abbiamo subito dal 1948 e anche prima, massacri, sfollamenti, colonie e annessione dei territori, è tutta colpa nostra. Perché i nostri leader non hanno preso la decisione giusta: accettare di cedere la nostra Palestina.

Parlo spesso della guerra mediatica che non consiste solo nell’impedire ai giornalisti stranieri di coprire i massacri di Gaza, ma anche nell’agire in profondità sull’opinione pubblica, nel trovare scuse per i massacri. Non è certo una novità. Durante la guerra del 2014, quando 40-50 persone vennero uccise nel bombardamento del loro edificio, molti media chiesero subito: “C’era un membro di Hamas nell’edificio?”. E se la risposta era sì, allora era legittimo. Potevano essere uccisi tutti perché nell’edificio c’era qualcuno che opponeva resistenza con le armi. Un “terrorista”, quindi.

L’obiettivo è quello di insegnare alla popolazione ad allontanarsi da chiunque voglia opporre resistenza, per distruggere il tessuto sociale della nostra società, per distruggere il nostro modo di pensare e farci sprofondare in una situazione d’incertezza. Dobbiamo cedere? Dobbiamo andarcene? Ho risposto alla mia amica che, per il momento, preferisco restare a casa mia. Tutti noi, io e la mia famiglia, potremmo essere uccisi. Mi assumo la responsabilità di questa decisione. È la decisione di chi vuole resistere e rimanere nel proprio Paese, finché è possibile farlo. Ricordate: non sarò io a premere il grilletto. Ma saranno loro a dire che la responsabilità era tutta mia.

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